lunedì 29 ottobre 2018

Lassateme parlà...

So' illusioni, la capoccia se lass'annà,
a vorte, anch'er core l'acconsente,
è sempre 'sta giostra che sale e scende,
pe' giustificatte dichi: "nun c'è gnente da fa".

'Sto corre continuo e poi, all'improvviso,
arivortasse come tornà alla partenza,
pe' tutta la vita, fino a che de lei ce resti senza,
e l'amori, le passioni, te passeno davanti ar viso.

Ah l'omo, sensibbile ad esse lusingato,
indove l'inganno volubile alli vizi umani,
cerca sempre 'na scusa pe' arrivà ar domani,
sorisi felici che dicheno: "t'ho fregato!".

Vedi Roma, a vorte ce so' discrepanze,
li fiji tua nun so' più solidali come 'na vorta,
a pensacce, già allora la storia era contorta,
l'omicidi, le distruzzioni, la fame, solo distanze.

Ora se so' accorciate anche loro,
e se 'sto continuà cositte, ce viè concesso,
nun è giusto buttà la felicità ner cesso,
perchè ogni cosa bona, o Roma, è 'n tesoro.

garziaedoardo@gmail.com

giovedì 25 ottobre 2018

Je t'aime.....
Oh, come divengono gravosi,
li passi che il mio cor calpesta,
su ciottoli inerti d'amore e vita,
pensando che pria o poi sia finita.
M'accorgo che vita continua a vivere,
come se mai non debba finire,
meraviglioso tempo ed il suo passare,
par che vita stessa non voglia terminare.
Mai e poi mai, continuando all'infinito,
vorrei smettere di baciare la tua pelle,
restarti accanto nella notte, con le stelle,
scrutandole ma senza chieder risposta.
Forse, per non porre mai parola, fine,
continuare, così, per sempre, all'infinito,
come colui che creandoci lo fece con un dito,
continuare ad amarti, rime dopo rime.
Ma non ho nulla ne stringere o afferrare,
le mie mani carezzano solo il vuoto,
la mente ed il cuore baciano l'ignoto,
ed io continuo incessante a sognare.
garziaedoardo@gmail.com

martedì 23 ottobre 2018

C'era 'na vorta...........
N'orologio da taschino
Nella cosa che stava a fa, pe' daje 'n pezzo de pane da magnà alla famija,
n'omo, tra le fatiche d'annà a trovasse 'n lavoro, s'encocciò su 'na meravija;
mentre aripuliva dalle strade la monnezza come 'na gomma da cancellà,
'na cosa strana brilluccicava 'n mezzo alle cartacce, che lo possin'ammazzà.
N'orologio da taschino, 'ndentro a 'na scatola de cartone,
come 'n trono senza 'n regno, e se ce l'aveva avuto, era stato d'ottone;
pijallo e mettelo 'n tasca, è stato tutt'uno, cor batticore se'nchinò,
fu pe' l'omo come avè trovato 'n tesoro, in mezzo ar fazzoletto l'arivortò.
Finito de lavorà, (dopotutto alla famija doveva daje da magnà),
s'arimediò 'na scusa perché a casa e de corsa doveva annà;
come succede a tutti l'onesti (nun sto' parlanno de politica) je batteva er core,
trovà 'na cosa e nun annalla a consegnà, ie pareva d'esse senza onore.
Ma cor passà der tempo, anche l'onesti quanno ponno cercheno 'na scusa,
solo che pe' lui, trovà 'na cosa preziosa er strano 'n mezzo a la monnezza rinfusa;
"er cielo me l'ha fatta trova, allora è mia" continuava a pensà,
mentre la coscienza je diceva: "nun poi, nun è tuo. lo devi a quer posto riportà".
Dopo 'n par d'ore de combattimento (se fa pe' dì) all'urtimo sangue,
la coscienza vinse pe'n pelo sull'omo, estremo ed esitante;
cositte riportò l'oggetto 'ndove l'aveva trovato, 'n mezzo alle cartacce,
'n gesto veloce a nasconnelo, mentre 'n vecchietto veniva dalle frattacce.
"Meno male che t'ho trovato monnezzà" disse er vecchio tutto ansimante,
"nun m'aritrovo più l'orologio da taschino de mi padre quann'era 'n fante";
"lo potemo cercà 'nsieme" je disse l'omo che poco prima je pareva d'esse ricco,
cositte s'aritrovarono 'n due 'n mezzo alla monnezza, facenno er micco.
Dopo cinque minuti l'omo je disse ar vecchio: "sarà mica questo c'ho trovato?"
er vecchio lo prese, lo strinse ar core dicenno: "mi padre ce l'aveva da sordato";
poi, guardanno l'omo come fosse er sarvatore, lo strignette forte ar petto,
dicenno mentre se n'annava: "grazie! so' pochi ad avecce pe' li vecchi rispetto!".
Sarà er fatto che da 'n giorno nun magnava, ma la strada de casa era leggera,
quer giorno la moje j'aveva preparato 'na cipolla cor pane, fino alla sera;
ma sarà er caso, a lui der monno in quer momento proprio nun je fregava niente,
anche ar brontolà della panza, restava indifferente.
garziaedoardo@gmail.com

lunedì 22 ottobre 2018


Forse domani.....
E guardo come spettacolo,
aperto solo all'occhi miei,
il fondo grigio del cielo, 
intonso, a volte vacuo,
del camminar sulli tetti,
di colui che volar con ali,
libere da vincoli e regole,
senza che niuno dica se vali.
Tutto or parmi vuoto pure le strade,
luci, umori, chiasso, persino musica,
o forse ad esser nudo è il mio cuore,
vedendo altrove ciò che in me manca,
e tristezza e nostalgia, come amiche,
gestir vonno mie insondabili fatiche,
m'accorgo che in me non sazio,
è l'amore che a volte m'è a disagio.
Allor pongo la mia attenzione,
a colui che distratto percorre la via,
stanco anche lui, come lo è la poesia,
quel toccar la strada a singolar tensione,
e quel piccione che vuole a tutti i costi,
circuire donzella in ali vergini di volo,
mentre musica continua con decoro,
seguir tale balletto come fine di tutto.
garziaedoardo@gmail.com

Riflettere a volte serve...

A volte, nella vita, intesa come cammino,                                                 fatto da soli o pur in compagnia,
serve, è quasi vitale, per tutti coloro,                                                    che desiderano, vivere con la poesia.
Linfa vitale, in questo mondo,                                                           dove troneggia come tiranno il progresso,
cancellando a tutti, quegli atti,
che il cuor desidera, ma non gli è concesso.

La definiscono legge della foresta,                                                       indicando al male gli animali,
mentre di nascosto, vogliono,                                                            distruggere dell'uomo gli ideali.
Il commercio, complice sublime,                                                           di nascoste tresche ed inutili complotti,
fa il paio con lui, e non ascolta di noi,                                                    quel che considera pensieri contorti.

Come difenderci da questi super uomini,                                                  vestiti a doppio petto e bombetta,
se non continuando a cercare nell'arte,                                                        e poesia la nostra difesa perfetta;
Non perdere oh uomo queste gioie,                                                             che dal passato ti vennero donate,
poiché non furono di poco conto,                                                        ma costarono sangue e vite perdute.
                                                              garziaedoardo@gmail.com

domenica 21 ottobre 2018

E' vita, pure questa...

E' quel sorriso triste di lei,
che mi segue nei pensieri,
a volte ascolto il mio cuore,
che piange singhiozzando.

Come un bambino a cui si toglie,
qualcosa che per altri non vale,
disperato, urla al mondo intero,
la perdita di ciò che ama.

No! Io non piango, ma soffro,
continuo ed incessante è a volte,
questo pensare a ciò che non devo,
come sentiero di sofferte sofferenze.

E non mi rallegrano le tristi musiche,
che ascolto come a sollevarmi,
sono ricordi che continua a mandarmi,
la mente, il cuore, tutto me stesso.

garziaedoardo@gmail.com

venerdì 19 ottobre 2018

Incontranno er core...........mio
Ce lo sapemo ch'er core dell'omo è specializzato e pure ai massimi livelli,
t'inganna pure e de tutte le cose che te fa vedè, nun mostra solo li belli;
sotto l'aspetto biologico, è 'na pompa 'n sacco resistente,
ma è sempre l'omo co' la sua gestione a fallo vale niente.
'Na vorta ad esempio, stavo sur prato della fantasia a camminà,
quanno ho visto er core mio seduto s'un dirupo che stava a fumà;
"aò" lo ripresi "ma lo sai che te fa male, io ho smesso 34 anni fa,
e te, invece, fumi de nascosto" e terminai co'un "te possin'ammazzà!".
Er core, pe' nulla 'ntimorito, se n'accese n'antra dar taschino,
poi, come nulla potesse, m'invitò a sedemme co' lui, proprio lì vicino;
"ma nun lo vedi indove te sei appollajato, fra poco cadi e te sfracelli",
lui, se sporse n'antro pochino sur dirupo e disse: "aò se li tempi so' quelli...".
Ribattei: "pe' fortuna che sei er core mio, dicheno tutti che so' intelligente,
ma da come agisci, me pare proprio che de me nun te frega niente!";
'n po' risentito dalli rimbrotti che je dicevo, er core mio me s'arivortò,
facenno segno de stamme manzo, disse: "merita 'na spiegazione 'sto sfottò".
"Vedi" iniziò er core "è vero c'hai smesso da 34 anni de fumà,
epperò a me, hai riempito er taschino, niente hai voluto gettà;
hai tolto le sigarette, ma quante sostanze tossiche me doni generosamente,
queste, so' più velenose dell'antre schifezze che se fumano la gente!".
Stavo a risponneje, quanno co'n cenno de mano m'azzittì,
"vedi caro er mio intelligentone, 'ste cose, prima o poi te le dovevo dì;
quanno t'arrabbi ma fai pompà tanto de quer sangue avvelenato,
io nun capisco niente, er cervello pure e te, 'n po' pe' vorta mori ammazzato".
"Capisci ora, perché ero sur dirupo, pronto pe' sfracellamme?
nun so' io lo scemo, eri te, che me ce mettevi 'n po' pe' vorta cor tuo baillamme;
te provi vendetta e io me faccio n'antro passo verso la fine della tua esistenza,
so' l'atti che fai, li pensieri, e io.........senza questi nun riesco a 'sta senza".
Dopo avello ascortato, me so' vergognato 'n sacco, me sentivo pieno de corpe,
er bello era che nun potevo parlà, c'aveva ragione tutte le vorte;
come si m'avesse nella capoccia, er core mio, co' du' parole m'encoraggiò,
"però nun è sempre così, ogni cosa bona che fai arreto da lì e nun è sfottò".
"Manno indentro a te er sangue che me rifili e me proponi,
po' succede che c'hai momenti brutti nella vita, ma pure quelli boni;
perciò, ogni vorta, prima de fatte arrivà 'sta situazione dar cervello,
ricordate ch'er sangue ce l'hai bono, ma spesso nun è quello!".
"Grazie core mio" dissi co' tono gioioso e rinfrancato,
"m'hai fatto vedè indove sarei arrivato, mostrannome er risurtato!":
siccome 'sta storia, l'ho vissuta ner tempo della mia fantasia,
m'ha sfangato scrivela pe' tutti, tramite 'sta poesia.
garziaedoardo@gmail.com

mercoledì 17 ottobre 2018

Non voglio voltarmi... o pur si...
Stanco ormai, di codesto proseguire,
ove l'umani azioni lì a presenziare,
prone od a volte deste nel proseguire,
perchè tal spettacolo deve continuare.
M'accorgo, di quell'attore che di scene,
ormai stanco e pur continuo nell'esternare,
sentimenti che d'altri trovasi a parlare,
a volte asciutti, altri come fiumi in piene.
E continuo, in questa mia ricerca ossessiva,
d'una sapienza nascosta da millenni,
a fonte di sofferenze perenni,
come cammino d'una sapienza primitiva.
Perchè, quella attuale, mi dona dello stolto,
dicendomi con voce suadente,
che io, uomo, resto sempre un perdente,
e navi continuano a scaricare in quell'unico porto.
garziaedoardo@gmail.com
Io, sono l'uomo.....
E scelsi il silenzio per urlare al mondo,
la mia disperazione che strazia il cuore,
la solitudine per avere compagnia,
sofferenze per godere di maggiori gioie.
Acquistai farine per fare pane a tutti,
mentre mangiavo con gusto,
altri fratelli morivano di fame,
andai per il mare, nuove terre tra flutti.
Non ero sazio d'un mondo pieno di violenze,
ne inventai di altre ascoltando le urla,
di chi subiva inerme tali novità,
incolpando il Creatore per tutto questo.
Invidioso di tutto il creato,
volli imparare, copiando questo potere,
di volare e viver sotto le acque,
ma non mi bastava tutto questo stato.
Avido, guardai il cielo stellato,
decisi di sfidare le sue leggi,
così andai per tutto il creato,
capii quanto piccolo ero e sono stato.
garziaedoardo@gmail.com
Non solo pioggia.....
E questa pioggia che tenacemente,
scende continua, seguendo proprio passato,
fatto di sorelle che prima ancor ch'è stato,
hanno condotto cammino sinceramente.
Allor, perchè, questo continuo lavare,
non toglie, o pur cancella le azioni,
che l'uomo ha fatto come maledizioni,
ed esco, e mi bagno, provando a cancellare.
E questi vetri trasparenti che mai vonno,
nascondere dell'uomo li misfatti,
piccolo topo indifeso, accerchiato da gatti,
nota singola, su pentagramma che ha sonno.
Seguo, con le dita quel breve percorso,
di quelle gocce prone a rinnovarsi,
ogni loro battito, e realtà non vole incontrarsi,
con passato e futuro, parola d'un discorso.
E musica strana, che ascolto a niun cambiare,
odiata da questo mondo che la condanna,
a sentire proprio profumo, e lì si rintanna,
dicendo a chi ascolta che uomo non sa amare.
garziaedoardo@gmail.com
E suonano, mentre io penso.....
E m'avvolgo e cerco, a fronte di tutto,
quando nostalgia m'abbraccia,
cancellando del presente ogni traccia,
e far capire che anche lui è morto.
Sovrani d'uno stato che non par esistere,
e pur continua nel comandare,
e noi, sudditi, seguitare a cercare,
ciò che non può essere, non può persistere.
E non desidero adeguarmi a queste note,
mi ribello a queste leggi che par oltraggiare,
il seguir d'uomo, come a violentare,
il pensiero, e pur a carezzar sue gote.
Allor cosa fare se vita indice al cresciuto,
quando tale scuoter, posto lì,avanti,
esposizione d'albe a mercanti,
a questo pensiero in albe vissuto.
garziaedoardo@gmail.com
Costì, od altro.....
E quanto devo gridare perchè s'oda,
questo mio parlare all'universo,
mosca e nient'altro, tutto par diverso,
ed uomo, tutto risolve con la moda.
Cambia ti prego, dicono, per non cambiare,
così, m'affanno affinchè tutto sia cancellato,
mentre voce dice che non ha dimenticato,
e soldati che marciano sul mare.
E mura che paion sempre uguali,
forse li sogni, non appartengono a realtà,
magari il pensare a ciò che non avverrà,
e forse lo sono come i miei ideali.
garziaedoardo@gmail.com

lunedì 15 ottobre 2018

Quanno se parla fra noantri.....
"A vorte me viè da pensà",
disse l'omo ad arta voce, nella via,
der bosco che portava a casa sua,
"a combinà li guai tutti ce sanno fa".
"Ce vole mica un grande sforzo a capillo",
je rispose er corvo co' un par de cra cra,
"so' mijaia l'anni de casini e nun ce vonno stà",
poi volò su arbero più arto pe' nun sentillo.
Mentre l'omo continuava a sproloquiare,
'na tartaruga rispose ar piumane nero,
"er sistema de svignattela ce l'hai so' sincero,
aò, te ciai l'ali e voli via, io lo devo sentire".
"Epperò, quarche piccola vendetta",
continuò la tartaruga rivorta ar corvaccio,
"si t'aritrovi sopra a lui nun annaje in braccio,
lassaje un ricordino, senza che t'aspetta!".
garziaedoardo@gmail.com

sabato 13 ottobre 2018

La vie.....
Sciogli legami, legami sciolti,
lega ogni amore tra li porti;
solare resti a fronte d'inedia,
anche se tuo cuor non fa piega.
Volgi lo sguardo a nuovi orizzonti,
salta senza guardare li più profondi;
assorbi dell'amore ogni respiro vero,
lega le sue ciocche al tuo pensiero,
Urla al mondo la tua, disperazione,
chiama a soccorso ogni sensazione;
carezza chi per te è fonte d'odio,
non invidiare chi sale prima sul podio.
Riprendi e lega ciò che prima era sciolto,
non tutto è ragione, non tutto è torto;
continua a passare là dove tutto è tracciato,
domani è altro dì, d'oggi tutto è dimenticato.
garziaedoardo@gmail.com

giovedì 11 ottobre 2018

Sei respiro...
Lasciai albe radiose,
per seguirti come nuova luce,
calpestai la fresca erba,
con la sua rugiada,
m'inoltrai lì, verso il tuo cuore,
dov'è la tua scia profumata,
sentiero di sofferte gioie,
come schiavo mi conduce.

Sei sofferenza...
Non m'importava l'incontro di ombre,
ove, poste lì, al calar del sole,
focose amanti dei miei ricordi,
dissero di decidermi,
scelsi le frustate come amiche,
bastoni e pietre sul mio corpo,
aratri che segnavan la carne,
come zappar e vangar sull'orto,
spine, contrade d'odio,
ed uncini in carni strappate.

Sei vita...
Nulla m'importava nel mio desiderio,
non ascoltavo neppur il dolore,
bramavo sol toccar la tua pelle,
ma tu, sfuggente, eri un po' avanti,
a volte sembravi lì, nelle stelle,
volevo solo darti il mio cuore,
in cambio, avere il tuo amore.

Sei scelta...
Scelsi allor come amante,
la musica, donna meravigliosa,
amai le note, una ad una,
possedendole tutte,
amplessi d'una vita mai vissuta,
in cose reali ormai distrutte,
allor tutte loro amarono altri,
donandosi queste a ciascuno in sposa.

Sei fine...
Or, sofferente, tu mi sei vicino,
come unguento sanante,
m'avvolgi con il tuo essere,
ma l'occhi più non vedono,
non parlo, non ascolto,
le ossa si piegano,
tu, mi tieni fra le braccia,
desiderio bramante.

garziaedoardo@gmail.com

lunedì 8 ottobre 2018

Er somaro er porco e quello che viè...
Ner monno, quelli che s'incavoleno so' tanti,
questo perchè nun je piace gnente,
sia dar pizzicarolo, che pijasse 'n caffè,
oppure anche n'accidente,
li ritrovi sempre lì, a lamentasse de tutto,
fanno parte der clebbe "semo scontenti".
Cositte se narrava er caso che ce spetta,
cioè quello der somaro della sora Checca,
Francesca all'anagrafe, indove tutti la vonno,
ma come ar solito nessuno la cerca,
'sto quadrupede ogni giorno se lamentava,
nun je piaceva la vita che faceva.
Ogni giorno a sgobbà finchè poteva,
alla sera nella stalla li sfottò che riceveva,
era er porco, all'anagrafe maiale,
che diceva sempre: "come te vedo male",
e mentre lui, magnava solo paja o fieno,
er porco s'engozzava e ciaveva er pieno.
Teneva duro er somaro della sora Checca,
finchè venne er mese de dicembre,
ogni mattina a coje legna magari secca,
ar porco de questo proprio nun je fregava gnente,
'na sera, aritornanno alla stalla, 'n silenzio tombale,
er magnà per somaro, pell'antro silenzio da male.
Er giorno doppo, ch'era domenica,
e pure la sora Checca se voleva riposà,
er somaro riposanno nella stalla,
udì 'na voce diversa che se mise a parlà,
'n majaletto piccolo ar posto de quello de prima,
fece capì a Pippo (er somaro) la fine in rima.
Mejo, tanto mejo, pensò er somaro,
fasse 'n mazzo tanto cor padrone avaro,
mentre guardava er porchetto che magnava pe' tre,
disse ch'era mejo sgobbà che fasse mantenè,
l'umani te liscieno er pelo e poi te fanno la festa,
e nun te lasseno neanche la cotica che resta.
garziaedoardo@gmail.com

domenica 7 ottobre 2018

La cantilena...

E li veterani, e l'onore e la guerra e la pace,
e lo sconfitto che ormai morto lì tace,
ed in questa guerra che non esiste ardore,
e li muri crollano, ma non tutti per favore.

Così l'uomo può dire: ricostruiamo con amore,
per poi fare una nuova guerra al colore,
fatta di fame e sete, malattie e morte,
e donarla al popolo che ancora inoltre.

Ed a ogni dì veniente, 
fatto di storie, favole e leggende,
poste all'ascolto di giovani del mondo,
perchè tutto sia l'inizio d'un falso giro tondo.

E musiche, complici di codesti misfatti,
alleate di chi continua a far tali ricatti,
donano tali storie ad umani appetiti,
che non da uomini, ma d'altri son gestiti.

Allor, come un proseguir senza fine,
di si fatti, come menzogne a rime,
mondezza umana posta a poesia,
si ritrova tutto ma non lei, ed allora via.

garziaedoardo@gmail.com

sabato 6 ottobre 2018

'Na lettera a Trilussa...


Poro Trilussa, che dall'arto delli guai passati,
nun ascorti più 'sto monno disperato,
ormai, de te, tutto se so' scordato,
la sapienza, la saggezza, so' tutti incarcerati.

Me pare de vedette spaparacchiato,
sempre sullo stesso pajiaro,
a dì ciao majale, ciao somaro,
e nessuno t'ha mai arrestato.

Sapessi quant'è cambiato 'sto monno,
come so' aumentati li somari e li majali,
se so' messi pure a governà senza uguali,
hanno reso 'sta tera cor fango fino in fonno.

Quarche fiore ce nasce, è un sacco bello,
er fango, co' l'azzioni, cerca de sporcallo,
quarcuno cerca de pulillo e medicallo,
a vorte nun ce la fa, lo stai salutanno, è quello.

garziaedoardo@gmail.com

Er giro..... ellittico!
E l'acque continueno a bagnà 'sto pianeta,
e fame, e guerre, e ipocrisia, e violenza,
l'accompagneno co' tutta la sua opulenza,
e l'omo se convince d'esse l'unico esegeta.
E li balli seguiteno a rintorcinà la sua capoccia,
fa er bene, presenta er conto de troppa fatica,
li consiji so' frustate co' piante d'ortica,
cositte nun raggiona e nun se scoccia.
Er governante de 'sto monno, mica tanto sano,
j'ha costruito 'n sacco de scatolette rettangolari,
un gioco d'azzardo pe' la vita indove so' tutti bari,
er risurtato è sempre la morte e me pare vano.
Allora, m'aridomanno quanta fretta cià l'omo,
pe' distruggese tutto quello c'ha costruito,
le stelle resteno sempre lì, e pure l'infinito,
un gigante ch'è nano; e 'sto core nun è domo.
garziaedoardo@gmail.com

venerdì 5 ottobre 2018

C'era 'na vorta.....
"Ma ce lo sai?" disse l'Orgojio all'Ignoranza, "che sei bella e bona?",
era questa 'na proposta de matrimonio ch'alli due nun s'intona;
tutti li vizzi a dije co' fervore de nun fa l'errore de sposasse,
perché dopo, 'na vorta 'nsieme, li problemi ariveno come le tasse.
Ma se sa, ar core nun se comanna e loro.....nessuno ascortarono,
dopo 'na breve cerimonia, giù a dajie de brutto, d'amore s'mbricarono;
ora, tutti l'omini e le donne sanno che se nun piji le giuste precauzioni,
so' fiji a tutt'annare, ma li due nun se fecero pijà la mano dall'emozioni.
Dopo quarche annetto, la famija s'era allargata in modo considerevole,
'sta casa era diventata 'n pollajo e la curtura in maniera notevole;
er primogenito, de nome Pregiudizio, decideva senza 'sta a ragionà,
perché diceva: "magari me fanno cambià idea e la cosa nun me va!".
Poi venne er turno delle sorelle Invidia, Gelosia, Cattiveria e tant'antri,
ammazza come s'amaveno 'sti due, nun erano mai 'n po' distanti;
p'urtimo nacquero la Giustizia er diritto e l'amore,
tutto l'opposto de li precedenti, e fra li due 'ncominciò a cambià l'umore.
C'era 'na legge, che diceva d'abbandonà li fiji che nun je daveno onore,
cositte, Ignoranza e Orgojio, tenerono tutti meno Giustizia, Diritto e Amore;
'sti tre, annarono 'n giro per monno, come li cani abbandonati,
speranno che quarcuno l'adottasse e non da molti vennero addottati.
garziaedoardo@gmail.com

mercoledì 3 ottobre 2018

C'era una volta.....

giacevano dimenticati uno accanto all'altro ed in linea dritta;
un vecchio macinino da caffè, con la manovella mezza rotta,
con dentro un chicco intero di caffè incastrato nella porta.
Al suo fianco un'antico ferro da stiro, quello a carbonella,
ricordo d'una donna dai capelli argento, quando la vita era bella;
nascosta in fogli di carta di giornale, anch'essi vecchi come lei,
una macchina da scrivere, un foglio ingiallito, uno scritto: miei...
Nel loro tacer una confusione, ciascuno voleva esser importante,
"ma sapete quanto caffè ho macinato nella vita, non siete niente;
anche il mio rotear quei pochi chicchi, rendeva la vita felice,
intorno ad un tavolo, quel profumo che a voi non si addice!".
"Certo che quello fatto da te" l'interruppe il ferro da stiro,
"è importante e vero, ma com'erano eleganti ben curati e in tiro;
i vestiti delle gentil donne e dei loro uomini, uno spettacolo,
sia il macinino che il ferro da stiro si guardavano come un ostacolo.
"Ma perchè non dici nulla? sai solo piangere, hai perso il liquido",
disse il macinino alla macchina da scrivere, percorsa da un brivido;
"dai, dicci qualcosa di quello che scrisse il tuo padrone,
sono sicuro c'hai narrato cose piccanti, storie senza paragone".
"Nel corso di molti anni" iniziò a parlare la macchina da scrivere,
"l'autore dei racconti, scrisse cose piccanti e cose da ridere;
tutti erano interessati alle sue storie, era veramente molto bravo,
le sue storie sugli oceani, i mostri; anch'io mi meravigliavo".
"Aveva un cruccio il mio padrone, con i figli aveva litigato,
via da casa andarono, uno in Europa e l'altro a fare il soldato;
crudele fu il tempo, l'orgoglio, la presunzione d'aver ragione,
tempo si faceva beffe di tutti questi, donando vita come illusione".
"Fu quando in ognun di loro, s'accorse di vita la mancanza d'onore,
che il mio padrone aprì gli occhi già socchiusi.....ed il suo cuore;
il metter foglio nel cilindro di me, ed iniziar a narrar ai suoi figli,
scrivere Miei..ed il suo cuore cessar vita e riposar su campi di gigli".
"Non bastò dolore d'aver per orgoglio, tanto tempo ed affetto perso,
non mancò a chi restava da dividere ciò che ora si mostrava terso;
venni presa con il foglio ancora in me, posta con delicatezza in soffitta,
d'allora completamente dimenticata, oggetto di decisione non dritta!".
garziaedoardo@gmail.com
False carezze umane.....
E pur son vivo e veggo e vivo la vita,
sento dire che il cogliere margherite,
sia una delle passioni preferite,
di chi altro non dice ch'è finita.
E pioggia che cade e mai ritorna in cielo,
se non cambiando proprio vestito,
come canto portato all'infinito,
mi volgo e vedo e ascolto ciò ch'è vero.
E nebbia s'adagia, come coprir l'errori,
che ogni fratello dona ad altro, sempre,
quanta confusione che'l mio cuor discerne,
puoi dir ch'è mancar continuo d'onori.
Cerco, forse nell'aurore, il diurno splendere,
di quei sentimenti ai cuor mancanti,
posti ad essere di spade terribili fendenti,
quando ascoltar ti amo, scegli tal perdere.
Non par meglio, allora, il cogliere grandine,
come paga di furori umani cercati,
dove, cercatori d'oro, mai venivan premiati,
e nido, continua a cercar rondine.
garziaedoardo@gmail.com
C'era una volta.....
Nei ricordi impolverati d'una vecchia soffitta,
giacevano dimenticati uno accanto all'altro ed in linea dritta;
un vecchio macinino da caffè, con la manovella mezza rotta,
con dentro un chicco intero di caffè incastrato nella porta.
Al suo fianco un'antico ferro da stiro, quello a carbonella,
ricordo d'una donna dai capelli argento, quando la vita era bella;
nascosta in fogli di carta di giornale, anch'essi vecchi come lei,
una macchina da scrivere, un foglio ingiallito, uno scritto: miei...
Nel loro tacer una confusione, ciascuno voleva esser importante,
"ma sapete quanto caffè ho macinato nella vita, non siete niente;
anche il mio rotear quei pochi chicchi, rendeva la vita felice,
intorno ad un tavolo, quel profumo che a voi non si addice!".
"Certo che quello fatto da te" l'interruppe il ferro da stiro,
"è importante e vero, ma com'erano eleganti ben curati e in tiro;
i vestiti delle gentil donne e dei loro uomini, uno spettacolo,
sia il macinino che il ferro da stiro si guardavano come un ostacolo.
"Ma perchè non dici nulla? sai solo piangere, hai perso il liquido",
disse il macinino alla macchina da scrivere, percorsa da un brivido;
"dai, dicci qualcosa di quello che scrisse il tuo padrone,
sono sicuro c'hai narrato cose piccanti, storie senza paragone".
"Nel corso di molti anni" iniziò a parlare la macchina da scrivere,
"l'autore dei racconti, scrisse cose piccanti e cose da ridere;
tutti erano interessati alle sue storie, era veramente molto bravo,
le sue storie sugli oceani, i mostri; anch'io mi meravigliavo".
"Aveva un cruccio il mio padrone, con i figli aveva litigato,
via da casa andarono, uno in Europa e l'altro a fare il soldato;
crudele fu il tempo, l'orgoglio, la presunzione d'aver ragione,
tempo si faceva beffe di tutti questi, donando vita come illusione".
"Fu quando in ognun di loro, s'accorse di vita la mancanza d'onore,
che il mio padrone aprì gli occhi già socchiusi.....ed il suo cuore;
il metter foglio nel cilindro di me, ed iniziar a narrar ai suoi figli,
scrivere Miei..ed il suo cuore cessar vita e riposar su campi di gigli".
"Non bastò dolore d'aver per orgoglio, tanto tempo ed affetto perso,
non mancò a chi restava da dividere ciò che ora si mostrava terso;
venni presa con il foglio ancora in me, posta con delicatezza in soffitta,
d'allora completamente dimenticata, oggetto di decisione non dritta!".
garziaedoardo@gmail.com

lunedì 1 ottobre 2018

'Na serenata pe' te.....
Me basta carezzatte 'sti capelli,
so' neri, più della notte,
ar confronto le sete so' distorte,
er sole te li riscalla e so' più belli.
L'occhi tua, pareno acque marine,
indov'er colore è sempre strano,
com'er mare, nun è mai vano,
ar sorgere der sole nun c'è mai fine.
La pelle tua, come 'na porcellana,
tanto liscia e profumata, sa de donna,
quer dono da Dio che nun te vergogna,
nun t'ho lassata neanche 'na settimana.
Doppo 45 anni te ne sei 'nnata via,
senza salutà nessuno m'hai lassato,
vorrebbe dimenticà, ma nun t'ho scordato,
t'odio, nun ce sei, t'amo e sogno che sei mia.
garziaedoardo@gmail.com
Bon giorno der 1 ottobre...
E m'accorgo, come la mancanza dell'ombra,
me fa sentì tutto er callo der sole,
faccio delli pensieri 'n campo de viole,
ma la capoccia mia nun è sgombra.
E me guardo attorno come a notà quarcosa,
vedo che ognuno cià la sua appresso,
pare la coscienza, te vorrebbe buttà ar cesso,
allora pe' svejamme me pungo co' 'na rosa.
garziaedoardo@gmail.com